Noodles Journal

Solo il mio modo di vedere le cose

Changeling (id., Clint Eastwood, 2008)

A principio degli anni Novanta, Eastwood aveva posto le basi di una critica al sogno americano che poi sembrava aver abbandonato per film anche apprezzabili, ma tutto sommato alimentari. Ma bisogna arretrare e inglobare nel campo quelle perle per comprendere la grandezza del mosaico che si sta ormai chiudendo con le opere della fine di questo decennio, unico grande affresco della perdita dell’innocenza dell’America (ammesso sia mai esistita al di fuori dei suoi primi film). L’eredità dei Walsh e degli Hawks, anche direttamente citati col flashback “sanvalentiniano” delle esecuzioni della polizia, è passata al setaccio attraverso un (neo)classicismo critico sulla scorta dei proprio fantasmi passati, in cui la disfatta del sistema deriva dal sangue dei Munny e la lotta del singolo contro l’ottusità dello stesso è figlia dei Butch. La linearità della storia, la messinscena sobria e la rinuncia a qualsiasi intervento troppo evidente dell’autore sono necessari per non fare salotto del dramma, per non sguazzare tra le lacrime di Christine Collins, prediligendo un’interpretazione (della Jolie) più sostenuta che urlata. La mdp si ferma spesso al di qua delle sbarre che la imprigionano e l’uso dell’incalzante montaggio alternato che ne racconta la “liberazione” in realtà rimescola le carte di fronte ai nostri occhi senza che ce ne accorgiamo, dandoci ciò che promette, ma non nelle forme che ci aspetteremmo.
Come Mystic river, altro film di filiale luttuosità, il nucleo atroce di Changeling deriva dalla mancanza di una reale catarsi. Se però il grido di dolore primitivo di Jimmy veniva risucchiato da un carrello verso l’alto, che lo schiacciava sì sotto l’agghiacciante tragicità del caso, ma gli consentiva anche di esternare la sua impotenza, Changeling si apre con un dolly verso il basso, a sentenziare l’impossibilità di fuga per il dolore di Christine (anche perché raramente nel corso del film quel dolly risalirà all’interno del quadro). La sua catarsi, la sua volontà di sapere vengono rinviate crudelmente nei punti nodali del dramma, quando la scena sembra portare a una rivelazione che invece si nega. Eastwood sgretola alla base uno dei punti fermi della Hollywood dei Gable e delle Colbert, spingendo continuamente la sua protagonista ai margini del dramma, sottraendole non solo l’happy ending di Capra, ma anche il soliloquio sirkiano; si avvicina così curiosamente a Kubrick, tramutando una madre alla disperata ricerca del figlio scomparso in una pedina del gioco perverso delle istituzioni, le sue sorti nient’altro che il teatro di contesa di due parti avverse (la polizia di Los Angeles e il predicatore che ne denuncia la corruzione).
Si scava letteralmente per portare alla luce l’orrore che le forze dell’ordine tentano invano di ignorare, si sbatte il mostro in prima pagina, lo si appende a una corda, si fa pulizia della corruzione, eppure ciò che resta è l’amaro dell’illusione, forse anche più tragica della disperata accettazione. A qualche chilometro dall’Ambassador Hotel Christine Collins vince il suo Oscar di madre coraggio, allontanandosi però da sola e senza applausi, privata forse per sempre di quel ruolo che l’ha vista trionfare.

15 risposte a “Changeling (id., Clint Eastwood, 2008)

  1. gbanks 19 novembre 2008 alle 8:14

    secondo me il rapporto di eastwood con i classici è esattamente il contrario.
    altrimenti non si spiegherebbe l’ultimo dialogo tra la jolie e l’ispettore (associato all’inquadratura del cinema in cui danno “accadde una notte”), che sembra tra l’altro una dichiarazione di voto.
    nell’atrocità senza fine delle istituzioni (in questo changeling non è affatto diverso dalla “storia scritta dal basso” di flags of our fathers” e “letters from iwo jima), eastwood salva SEMPRE la gente comune, e eastwood (un pale rider, un americano senza tempo, uno che vive realmente come ethan di john wayne in un ranch sperduto della california) tutto mi sembra tranne che uno che voglia sconfessare i classici.
    anzi.
    la catarsi non c’è nella liberazione dell’happy ending, ma c’è nell’identificazione, nella commozione della jolie – procedimento che più classico non si può – nel suo amore confessato per i classici come quelli con gable e la colbert (film da gente comune, di quella che prende il tram, delle puttane degli spietati, i veri eroi del cinema di eastwood).
    e se non lo avessero rapito, dove avrebbe portato suo figlio?
    a vedere i classici al cinema: un film di charlie chaplin del 1928, o il serial a puntate “l’uomo misterioso” (o forse tom mix?)
    saluti!

  2. cinescopio 19 novembre 2008 alle 10:58

    mi state mettendo una curiosità su questo film che stasera devo correre a vederlo!
    buonagiornata ely

  3. NoodlesD 19 novembre 2008 alle 12:29

    Secondo me la vicinanza ai personaggi, l’empatia di Eastwood non contravviene alla critica alla classicità. E’ vero, il finale sembra proprio classico e per certi versi lo è, ma a me ha dato anche un’altra impressione: nel senso che la sua protagonista resta sola contro il mondo, alla disperata ricerca (come rivela la didascalia) infinita e purtroppo infruttuosa. Sì, dice, che ora ha speranza, ma a volte la speranza ti chiude in un limbo che non ti permette di andare avanti e ti fa vivere nel passato (un rischio da cui il reverendo tenta, invano, di tenerla lontana). Eastwood per me non è critico verso il dolore dei personaggi, ma verso la possibilità che gli strumenti e gli stili della Hollywood d’oro siano oggi altrettanto adatti a raccontare l’orrore (tutta la sequenza del ritrovamento/disseppellimento dei cadaveri è tremenda, così come la sequenza dell’impiccaggione; lo stile di Eastwood non calca la mano, ma proprio in quell’asciuttezza formale c’è un aspetto ancora più sinistra, perché sembra accogliere nella visione quella collaudata meccanicità della morte delle prigioni statunitensi).

  4. utente anonimo 19 novembre 2008 alle 14:10

    Non ho ancora visto il film ma..”Com’è bravo Lei”!
    Franca

    Il “Lei” sta per Noodles..

  5. Cinedelia 19 novembre 2008 alle 17:02

    come ho già detto da altre parti, ho promesso alla mia ragazza di vederlo insieme…quindi la visione è slittata alla settimana prossima. mi aspetto grandi cose.

  6. UnoDiPassaggio 19 novembre 2008 alle 22:22

    E della (bellissima) colonna sonora vogliamo parlarne? Semplici e toccanti accordi di piano che interrogano le immagini del film con la malinconia asciutta delle note. Una sottrazione di toni significativa.

  7. NoodlesD 20 novembre 2008 alle 11:44

    Grazie, Franca 🙂

    Cinedelia, forza forza, che attendiamo il tuo responso…

    UdP, parliamone. Ma parliamo di tutte le colonne sonore degli ultimi film di Clint. Quella di Iwo Jima la ascolto un giorno si e l’altro pure.

  8. AlDirektor 20 novembre 2008 alle 16:51

    Ciao, mia fa piacere vedere ancora una persona scrivere bene di quest’ultimo film di Eastwood. E comunque recensione bella profonda complimenti.
    Ciao un saluto

  9. Ale55andra 21 novembre 2008 alle 15:21

    Filippo magari capiteremo lo stesso giorno, io per gravi problemi non sono potuta andare al cinema questi giorni e quindi devo ancora vederlo.

  10. pickpocket83 21 novembre 2008 alle 19:05

    Gran bel post! Io personalmente non mi sono interrogato troppo sulla collocazione di Eastwood rispetto al cinema “classico” (che è peraltro un concetto molto vago e che ingloba al suo interno cose molto diverse). Mi sembra chiaro però che sia una sua diretta filiazione. Ed una filiazione a sua volta perfettamente “classica” nel senso di “senza tempo”. Come solo il grandissimo cinema può essere.

    Un saluto 🙂

  11. NoodlesD 22 novembre 2008 alle 15:21

    Al & Ale, grazie 🙂

    pick, sì indubbiamente il classicismo di Eastwood dal punto di vista del senso di inossidabile calza a pennello.

  12. MissPascal 24 novembre 2008 alle 9:30

    che post ispirato. lei che vince l’oscar e lo festeggia in solitudine, senza applausi… grande!

  13. Cinemasema 9 dicembre 2008 alle 13:41

    Purtoppo mi era sfuggita questa tua recensione, ma adesso che ho visto fimalmente il film, ho potuto apprezzarla e comprenderla fino in fondo. Il concetto di neoclassicismo critico mi sembra molto interessante.

  14. utente anonimo 22 febbraio 2009 alle 19:18

    la Jolie ha rovinato questo film,una vera attrice al suo posto avrebbe fatto cose incredibili con questo personaggio e con eastwood in regia

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