There’s not even room enough to be anywhere
It’s not dark yet, but it’s gettin there
Bob Dylan, Not dark yet
I’ve made shoes for everyone, even you, while I still go barefoot
Bob Dylan, I and I
It ain’t no use in turnin’ on your light, babe
I’m on the dark side of the road
[…]
I’m walkin’ down that long, lonesome road, babe
Where I’m bound, I can’t tell
Bob Dylan, Don’t think twice it’s all right
Compito arduo scrivere di questo film. Da fan sfegatato del menestrello di Duluth mi trovo in una posizione un po’ viziata; non che I’m not there sia un film per soli dylaniani né che si esaurisca in un omaggio a una delle figure cardine dell’arte del Novecento, pur avendo centrato perfettamente il bersaglio anche da questo punto di vista. Non una pedissequa biografia, non un’ascesa caduta e rinascita dell’artista ma l’incarnazione perfetta di una figura richiamata sin dal titolo (che non andava tradotto visto che è una canzone!). Dylan citato e impersonificato eppure “assente”, evocato e riprodotto secondo il vangelo del Caos, indefinibile, multiforme, compresente, il Dylan di ieri quello di oggi e di domani coesistono come in una fantasia cubista. L’inafferrabilità del mito frammentata tra diversi attori che alludono senza svelarsi troppo, danzano sul filo di lana della rappresentazione, parlano con i suoi versi e le parole delle interviste, ma sono anche i personaggi delle sue canzoni che ovviamente lo riflettono. Dylan non è lì, non interamente, resta un’interpretazione di un regista su un uomo, un artista, sul suo mondo, ma al tempo stesso finisce con l’esserlo per la natura multiforme delle interpretazioni e dello stile (dal “videoclip” di Ballad of a thin man all’incontro slapstick tra Cate e i Bealtes, il bianco e il nero che si alterna più volte al colore, l’andamento western e quello metropolitano, la contemplazione e la furia dei media). Dalla mostruosa Cate Blanchett che scova in Dylan l’eterno femminino al folksinger Bale su su sino all’uomo maturo delle pianure in ritiro che ha il volto di Richard Gere, sospeso in un tempo magico, a cavallo tra western e modernità, I’m not there è un viaggio in treno, con andamento sinuoso e stazioni che si ripetono e rimandano l’una all’altra, è un attraversamento di uno degli universi poetici più densi e stratificati del Novecento senza un inizio e una fine, uno sferragliare inarrestabile in aperta pianura che canta la sua canzone soffiandola nel vento, senza pretendere di scolpirla una volta e per sempre nella pietra (tombale).
p.s. qualcuno deve spiegarmelo, perché non è possibile che le case di doppiaggio nostrane siano davvero così ottuse: ce ne pas posible ca Charlotte Gainsbourg, solamont purquà interpreta una fronscese, est obligé – in italien – a parlé comme un imbescill? comme si foss l’ispetor clousò?
mi sono innamorata di Cate Blanchett versione uomo. perchè non è sempre così? X___X
e il mio Christianuccio è sempre stupendo *___*
che film.
bello, bellissimo.
uh *_____*
Sis’.
“I’m not there è un viaggio in treno, con andamento sinuoso e stazioni che si ripetono e rimandano l’una all’altra, è un attraversamento di uno degli universi poetici più densi e stratificati del Novecento senza un inizio e una fine, uno sferragliare inarrestabile in aperta pianura che canta la sua canzone soffiandola nel vento, senza pretendere di scolpirla una volta e per sempre nella pietra (tombale).”
bellissime parole. grazie.
Ahahaah! Memorabile il post scriptum! ^^ Mi piace l’idea del viaggio in treno, dà senso al movimento di cui questo film è pervaso, che sia fisico o mentale.. Bellissime parole
sorè lasciacela stare la Cate che in versione donna è un capolavoro… ^^ (se parliamo unicamente di questioni estetiche eh).
Iggy & delirio, grazie a voi 🙂
Noio vulevons savuar l’indrizz.. 😀
Da un po’ di giorni su ViaLorenzini,20 non sapevamo come recensire questo film. Noodles, tu lo hai fatto in modo impeccabile (come al solito) e meglio di come avrei potuto farlo io dal mio piccolo. Sono d’accordo per la Gainsbourg..ma tu lo hai visto in originale?
Cate è fantastica e ti volevo segnalare che compare anche in hot fuzz anche se se ne vedono solo gli occhi…te n’eri accorto?
s’ciao
Ecco un altro estimatore di I’m not there!
p.s. Il p.s. è bellissimo e la Gainsbourg pure.
beh adesso non so come l’abbiano conciata nella versione italiana, ma anche in V.O. l’accento della gainsbourgh era molto marcato..
@gaspad, sempre troppo buono. Non mi ero accorto di cate in Hot fuzz, dov’è dov’è? in che scena??? Purtroppo l’ho visto in versione doppiata, perciò tuonavo contro il doppiaggio gaspad 🙂
@grazie edooo :p
@miss, il problema non sarebbe l’accento marcato: se l’attrice è franscese ovvio che si senta quando parla anche in un’altra lingua. Il problema è che da noi sembra una caricatura!
ho letto con piacere le tue considerazioni.
anche ha me ha dato fastidio Charlotte con la voce di Clouseau.
un saluto affettuoso.
bellissimo post, epocale post scriptum!
bellissima l’idea del viaggio in treno, complimenti!
era Janine, Noodles anche se si vedevano solo gli occhi…
Cusa c’è che non va con la Blanchett ehh…
Ah le paralele, ricordo che all’academia della Surete mi chiamavano il solista dele paraleleeeeeeeeeeee…
credo si possa parlare apertamente di capolavoro.
quando bale/jackrollins/bobdylan amoreggia sulle note/versi di bob dylan con gainsbourg/claire/suzerutolo non sono riuscito a trattenere i brividi.
@souffle, io proporrei una protesta scritta! saluti affettuosi di rimando 🙂
@honey, grazie
@gaspad, ah ecco, grazie della dritta
@monsieur tenda, mais vous allòr est un professionér!
@gbanks, a me i brividi venivano quasi ogni volta che la voce di dylan attaccava a cantare…
ormai lo ripeto come una pappagallina (ehm) ma a me, piacque e assai. Assai e più ci penso e più mi piace.
la reine
Il ps mi ha fatto morir dal ridere!!!!!ahahhahahahh!!!
Bellissime parole.Complimenti.
ti rispondo e volentieri anche perché io di dylan conosco solo tre o quattro canzoni e non perché non mi piaccia o altro ma perché come nelle vite di tutti capita che ti concentri su altri cantautori o musiche o letture.
Funziona che io decido di farmi prendere per mano dal flusso delle immagini, dalle suggestioni e entro (se mi prende il film e Haynes in alcuni punti mi ha preso moltissimo) in sintonia col racconto. Frammentato, dislessico volutamente altezzoso qui nel caso e scatta qualcosa. E lo spettatore ignorante che vive in me (nel senso letteral-affettivo per il quale mi predispongo ad apprendere qualcosa) cerca di essere fiducioso in ciò che non conosce. Ti faccio un esempio terra terra per capirci, togliendoci dall’impiccio della filosofia: il fatto che io non sappia cucinare un sautè di cozze mi impedisce di poter capire la differenza tra uno cucinato bene e uno male? Non certo.
io sono una spettatrice che ha goduto di una pellicola, sicuramente perdente nel non poter affondare nel senso filologico costruito sulle canzoni, ma sicuramente ben disposta e sicuramente appagata dalla visione. Semplice.
– sei riuscito a farmi scrivere il commento più lungo della mia vita –
la reine
Guarda, senza nulla togliere a tutto il commento lungo ma l’esempio sul souté di cozze è suggestivo e quanto mai centrato. In due parole hai reso benissimo il senso di ciò che volevo esprimere poco su. W le cozze, w Dylan. W Dylan ascoltato mentre si gusta un souté di cozze!
– in realtà è merito di Dylan, non mio – ^^
eheh
potere del brainstorming: è davvero la mejo parte il cozza/meme illuminator
la reine
(rido ancora)
I’m not there è un film che non basta vederlo una volta, ci sono molti aspetti e molti particolari.
Un film non banale.
P.S. Hai perfettamente ragione per quanto riguarda il doppiaggio alla Gainsbourg, certe volte facciamo proprio ridere.
Non conoscevo il tuo blog, interessante. Adesso mi vado a leggere la recensione che hai scritto su Hot Fuzz, film che a me è piaciuto anche se non come Shaun of the dead.
Un saluto!
Neville